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May 18, 2021

Come il Covid ha cambiato gli equilibri import e export nel mondo

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Come già noto, la pandemia legata al virus Covid-19 ha causato davvero una moltitudine di danni. Oltre a quelli che riguardano la salute pubblica - certamente di prima importanza - non sono, tuttavia, da sottovalutare quelli economici. Noi di Lesam International Group ci occupiamo di organizzare e gestire spedizioni internazionali in tutto il mondo e anche il nostro settore è stato duramente colpito dall'ondata pandemica.

Il commercio, per definizione, è quell'attività economica che consiste nello scambio di prodotti e, questi, percorrono un lungo viaggio da chi li produce, fino al consumatore finale. Ma cosa succederebbe se, per qualche motivo di forza maggiore, tutto si bloccasse? Se le navi non potessero più salpare, o gli aerei decollare? Questo è quanto successo in seguito allo scoppio della pandemia. Tra personale malato e rigide restrizioni governative, il commercio, soprattutto per alcuni specifici settori, si è fermato.

Import ed export: Come sono cambiati

Dall'era della globalizzazione si può tranquillamente affermare, che, ormai, tutto il mondo - in un modo o dell'altro - sia fortemente interconnesso. Ebbene, anche il commercio lo è. Quindi, considerando che è sorretto da due grandi pilastri (quali USA e Cina), non appena una sola tassella del domino dovesse cadere, ne risentirebbero anche tutte le altre.

Sappiamo bene che l'enorme caos del Covid è partito dalla Cina. Quindi, non appena questa nazione ha iniziato a cedere alla potenza del nemico invisibile (chiudendo attività, trasporti, viaggi e, quindi, parte del commercio) ha innescato un vero e proprio effetto a catena su tutto il commercio mondiale. Inoltre, come si accennava, la Cina non è la sola a detenere il ruolo di economia mondiale più potente. A farle compagnia c'è la storica nemica America. Vediamo come hanno agito i due pilastri del commercio mondiale.

Come si sono comportate USA e Cina in questo scenario?

Il WTO (World Trade Organization, tradotto l'organizzazione mondiale del commercio) ha constatato che il declino nel commercio globale, scaturito dal Covid-19, è arrivato a livelli molto vicini a quelli dei primi anni 2010. In questo modo, è come se tutti i progressi fatti nell'ultimo decennio si fossero azzerati. Giusto per quantificare l'entità del danno, l'Unione Europea, rispetto agli Stati Uniti, ha registrato un calo nell'export pari a - 43,4%.

Invece, per quanto riguarda l'attività verso la Cina l'Europa ha registrato un calo che si è ridotto da 16 a 15 miliardi. Ma veniamo a come si sono comportate singolarmente Cina e USA. A più di un anno dal Covid, si può dire che il commercio si sia discretamente ripreso. Tuttavia, ogni nazione ha adottato le misure che più riteneva necessarie e non tutte sono riuscite a risalire nello stesso modo.

É il caso di Pechino (Cina) che per la ripartenza ha preferito sostenere la manifattura e spingere sulle vendite all'estero. Di contro, gli Stati Uniti hanno investito molto per puntellare la domanda delle famiglie, riversando sulle importazioni (alcune di queste, provenienti proprio dalla "amica" Cina) .

In termini aggregati, però, queste potenze economiche hanno sofferto un grosso rovesciamento dei surplus commerciali fin dall'inizio della pandemia. I principali colpevoli di questo "trend" sembrano essere quelle politiche governative che prediligono far crescere la domanda interna che si soddisfa attraverso le importazioni. Proprio come gli Stati Uniti. Al contrario, la Cina, puntando tutto sulle esportazioni, ha voluto soddisfare la domanda di beni espressa dalle economie avanzate, arrivando a registrare volumi record.

Post-Pandemia: Soluzioni per recuperare il commercio internazionale

Per ricapitolare, tralasciando i singoli specifici casi, in linea generale si può affermare che la pandemia abbia provocato un forte crollo delle esportazioni a livello mondiale. I motivi di questo avvenimento sono riassumibili nei seguenti punti:

  1. Limitazioni agli spostamenti di beni, servizi e persone. Questo fattore non ha consentito un'adeguata spinta alle esportazioni, anzi le ha ostacolate;
  2. Chiusura delle attività produttive, che ha portato alla riduzione dell'offerta di beni e servizi e, inevitabilmente, alla diminuzione di importazioni;
  3. Diminuzione del reddito delle famiglie (secondo l'Istat), sempre per il fatto che molte persone non hanno più potuto lavorare e si sono interrotte le catene produttive.

Come già detto all'inizio, gli effetti negativi si sono rovesciati su tutti gli scambi globali. Tuttavia, durante la pandemia, il G20 (foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo) ha elaborato quattro sfide a cui i Paesi del mondo dovrebbero attenersi, con il fine di risanare il commercio internazionale. Vediamo quali sono.

Ripresa degli scambi

Secondo il WTO, la caduta totale degli scambi nel 2020 ha raggiunto il 10% rispetto all'anno prima. La prima sfida, quindi, è stata quella di riuscire a mettere in atto il rimbalzo e cercare di ristabilire i giusti livelli di crescita. Per farlo, quindi, risulta necessario mantenere aperti i confini dei Paesi agli scambi e ottenere una nuova ripresa del commercio internazionale. L'obiettivo è chiaramente quello di accelerare l'uscita dalla crisi economica per molti di quei paesi.

Riforma del WTO

Prima della pandemia, USA e CINA vivevano una guerra commerciale. Il WTO aveva proposto una soluzione che, però, non era stata molto efficace. La seconda sfida, quindi, è stata quella di affrontare quella riforma e mirare al ritorno del pieno multilateralismo. In realtà, come spiegato meglio in questo articolo, da quando Biden ha avviato con l'Europa la pace dei dazi, si può dire che la situazione, sotto questo punto di vista, si sia già risollevata. USA e UE, infatti, hanno ora un futuro commerciale molto promettente che influirà, sicuramente, anche nel rapporto con la Cina.

Reshoring

La terza sfida lanciata è stata quella di voler ottenere una riduzione dell'incertezza per le imprese che operano sui mercati mondiali. Molte imprese hanno sperimentato problemi su più fronti: nelle catene di approvvigionamento e di produzione e nelle consegne finali. In più, è aumentata anche la percezione del rischio e la volatilità dei mercati. Quindi, alcune imprese hanno parlato di "reshoring", ovvero, quel fenomeno economico per cui si riportano all'interno dei propri confini nazionali le fasi produttive dislocate altrove, per aumentare il senso di sicurezza.

Migliore utilizzo delle risorse comuni

L'ultima sfida, infine, ha richiesto di guardare all'evoluzione del commercio internazionale in generale e non correlato all'ultimo anno di pandemia. Per poter crescere a ritmo sostenuto, le modalità di commercio internazionale devono essere in parte rivalutate. Lo scopo è quello di garantire maggiore coinvolgimento a tutti i Paesi, quindi, non solo a quelli già avanzati, ma anche e soprattutto a quelli in via di sviluppo.

La condivisione di tutti questi principi permetterebbe di ristabilire delle nuove regole comuni che hanno, però, un solo scopo: consentire una nuova crescita sostenuta degli scambi.

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