Scritto il
July 25, 2021

Le economie fragili soffrono la crisi delle spedizioni: Dramma a Cuba

All Shipments

A distanza di quasi due anni dalla scoperta del Coronavirus, ancora oggi si subiscono alcuni degli effetti della pandemia. Si è parlato molto di porti bloccati, ritardi nelle spedizioni, aumento dei costi di container e altre gravi ripercussioni. Purtroppo, le economie fragili del mondo sono state quelle che più ci hanno rimesso.

È il caso di Cuba, luogo in cui nelle ultime settimane si sta consumando una delle proteste più grandi che sia mai esista. La causa? Una grave crisi economica che lascia gli abitanti senza cibo ed elettricità, costringendo alcuni di loro ad emigrare negli Stati Uniti.

Cosa sta succedendo a Cuba?

Lo scorso 11 luglio a Cuba ha avuto luogo la più grande protesta popolare mai esistita negli ultimi sessant'anni, addirittura maggiore di quella avvenuta a l'Avana nel 1994. Le principali ragioni che questa volta hanno spinto i cittadini cubani a protestare sono state assai primordiali: mancanza di cibo ed elettricità. Elementi che in una società ormai così evoluta dovrebbero essere scontati.

Per capire qual è stato il motivo che ha portato a questa situazione, bisogna fare un passo indietro. Si può dire che la pandemia abbia mosso la prima pedina del domino. In che modo? A causa delle numerose restrizioni di contenimento imposte da tutti i governi del mondo.

Infatti, ogni Paese ha dovuto affrontare numerose difficoltà, tra cui la gestione di una nuova situazione di emergenza in cui si riscontrava una grande mancanza di personale e, a livello di commercio internazionale, si subivano grossi ritardi nella consegna della merce importata. In un contesto di caos e mal umore, le economie del mondo più fragili hanno incassato i colpi più duri.

Nel caso di Cuba, si evidenzia che di tutto il cibo che consuma, solo il 30% è di origine territoriale. Il restante 70% (pertanto una fetta molto grossa) è totalmente importato. Nel mese di maggio, il governo ha addirittura annunciato che la disponibilità di farina  sarebbe stata ridotta del 30% fino al mese di luglio.

Per di più, sempre a causa della pandemia e della correlata impossibilità di viaggiare, Cuba ha subito un drastico crollo nell'area del turismo, che è sempre stata quella più proficua per il Paese. Insomma, in altre parole, senza turismo e senza la possibilità di importare il 70% del cibo che normalmente si consuma, Cuba è rimasta in ginocchio.

Per quale motivo questo Paese ha bisogno di importare così tanto cibo? Perché il clima subtropicale non consente di coltivare il grano, che è la pianta ad uso alimentare più importante in assoluto per l'alimentazione umana.

Inoltre, la popolazione di Cuba è abituata a mangiare molto pane, soprattutto dopo che è stata costretta a sfruttarlo maggiormente per compensare la mancanza di altri alimenti base come il riso, la pasta o gli ortaggi. Pertanto, la notizia della riduzione della farina ha sconvolto gli abitanti in modo non indifferente.

Come se non bastasse, il governo ha affermato che anche il raccolto di zucchero è stato inferiore rispetto al previsto. Ha infatti subito una perdita di oltre il 30%, passando da 1,2 milioni di tonnellate a meno di un milione, per la prima volta in più di 100 anni.

Chiaramente, la mancanza di merce ne ha fatto aumentare i prezzi. Rispetto ad aprile 2020, i cui prezzi erano 220 dollari per tonnellata, quest'anno si è arrivati a ben 280 dollari per tonnellata. Questo significa che oltre a dover riparare ai danni interni (non dimentichiamoci dell'emergenza Covid ancora in atto), Cuba deve anche sopperire alla propria mancanza di cibo e acquistarlo da fuori con prezzi più elevati di quasi il 70% rispetto allo scorso anno.

Che ruolo hanno le spedizioni in questo contesto?

Bisogna immaginare questa situazione come un gioco - che gioco non è - a domino. In seguito alla pandemia, i governi hanno preso delle misure di emergenza. Tali misure prevedevano la restrizione di molte attività commerciali e non. Per non parlare, poi, delle persone che continuavano ad ammalarsi e di chi doveva rimanere a casa in quarantena.

I porti si sono bloccati perché con meno personale a disposizione non si poteva continuare a lavorare ad alto regime. Così, le navi cargo che arrivavano in un porto (se arrivavano) non erano certe di quando avrebbero potuto tornare indietro con i loro container vuoti. Di conseguenza, come per il cibo, anche la mancanza di container ha fatto volare la loro domanda ai vertici e abbassare drasticamente l'offerta. Il risultato? Un elevatissimo aumento dei costi di spedizione.

Ad oggi, quindi ad un anno e mezzo dello scoppio della pandemia, si è calcolato che il costo della spedizione internazionale di container è aumentato fino al 50% rispetto all'ultimo anno. Ricollegandoci a Cuba, luogo in cui i beni di prima necessità vengono a mancare dall'interno, questa situazione ha causato davvero dei gravi disagi sociali poiché, in questo momento, il Paese non riesce a far fronte alle richieste e ai bisogni primari dei propri cittadini.

Come potrebbe finire?

Da mesi, la popolazione è costretta a fare interminabili file davanti ai negozi alimentari che, tra l'altro, non sono nemmeno forniti a sufficienza. Inoltre, sempre per far fronte alla pandemia, sono stati istituiti dei nuovi centri medici che hanno lo scopo di aiutare i pazienti Covid. Tali nuovi centri, però, sfruttano la stessa energia delle vecchie infrastrutture termoelettriche creando sovraccarichi e provocando numerosi blackout. Ecco spiegato perché la popolazione di Cuba sia in totale subbuglio.

Infine, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura ha appurato che l'indice dei prezzi alimentari internazionale è aumentato del 30,8% dall'aprile del 2020, trattandosi del più alto aumento da maggio 2014. Inoltre, il presidente del US-Cuba Trade and Economic Council, John Kavulich, ha affermato che le vendite sono diminuite del 36,6%. Purtroppo, in questo contesto di ripresa di domanda globale, ma allo stesso tempo di aumento dei prezzi e di carenza di manodopera si prevede che i prezzi delle materie prime non andranno a diminuire nel breve periodo.

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