Scritto il
May 10, 2021

Perché il mondo è a corto di container?

Logistics

I container sono dei grossi contenitori che servono a trasportare numerose quantità di merci. Nel commercio internazionale marittimo rappresentano, per molti versi, la migliore modalità di trasporto. Infatti, tra i principali vantaggi troviamo la possibilità di spedire qualsiasi tipologia di merce: dalla quella più ingombrante, a quella considerata più pericolosa.

Per non parlare del fatto che garantiscono un ottimo risparmio in qualità di costi, poiché spedire tramite navi cargo è decisamente meno dispendioso che spedire tramite aereo. I motivi sono legati al basso consumo di carburante e al numero più ridotto, ma comunque efficiente, di controlli.

Tuttavia, da quando è scoppiata la pandemia legata al virus Covid-19, tutto è cambiato. Le partenze hanno ridotto la loro frequenza, e allo stesso tempo sono aumentati i ritardi e le concentrazioni di flotte. Il risultato è stato un calo abbondante di container in tutto il mondo. Vediamo, più nel dettaglio, cosa è successo.

Calo di container: Il contesto

Come anticipato, lo scoppio della pandemia ha stravolto le carte in tavola sotto moltissimi punti di vista. Anche il mondo delle spedizioni internazionali, pertanto, ne ha sofferto molto. Ma in che modo il Covid ha influito sul commercio marittimo?

Le spedizioni via mare sono sempre state molto numerose, proprio perché consentono di importare o esportare grandissime quantità di merci ad un costo relativamente contenuto. Tuttavia, le tempistiche per questo tipo di spedizioni sono piuttosto dilatate e la pandemia ha peggiorato la situazione.

Stati Uniti e Asia sono i due principali pilastri che sorreggono l'intero commercio globale. Pertanto, non è difficile credere che se anche uno solo dei due dovesse iniziare a barcollare, si avrebbero ripercussioni in tutto il mondo. E così è stato.

Infatti, mentre la pandemia si diffondeva dall'Asia, gli altri Paesi iniziavano ad implementare blocchi e restrizioni, fermando i movimenti economici e la produzione. Molte fabbriche hanno, quindi, chiuso temporaneamente e hanno causato un grande blocco di container nei porti.

La prima pedina del domino, così, è caduta nel Nord America, dove l'ondata pandemica ha provocato la formazione di un collo di bottiglia. Così, per stabilizzare i costi e l'erosione delle tariffe oceaniche, la prima manovra è stata quella di ridurre il numero di navi in mare, frenando ulteriormente importazioni ed esportazioni.

Il ruolo dei container

Che ruolo hanno, quindi, i container in questo contesto? I blocchi e le restrizioni sono aumentati sempre di più, e con essi, anche i numeri di malati. Quindi, il poco movimento di trasporti e il poco personale disponibile hanno fatto sì che i container vuoti non venissero più ritirati. Questa problematica si è fatta sentire particolarmente per i commercianti asiatici, che non potevano più recuperare i loro container vuoti dal già citato Nord America.

In più, lo scenario si è unificato ulteriormente dal momento in cui la Cina ha iniziato a riprendersi, ma tutto il resto del mondo a peggiorare. Quindi, faceva ripartire le esportazioni verso Europa e Nord America, ma i suoi container non riuscivano a tornare indietro abbastanza rapidamente causando, così, un continuo accumulo degli stessi.

La Sea-Intelligence (società di consulenza leader nel settore della catena di approvvigionamento globale, con forte attenzione alle spedizioni di container) ha approfondito la questione attraverso delle ricerche. Ne è emerso che, se prima della pandemia il Nord America risultasse responsabile al 40-45% del vuoto squilibrio necessario in Asia, dopo la pandemia lo è diventato al 55-60%.

Ma perché il Nord America è da considerarsi il colpevole? Perché, sempre secondo la Sea-Intelligence, è il luogo con i peggiori problemi di congestione portuale e non fa altro che rallentare gli sforzi che compiono gli altri Paesi per rimpatriare i container.

Il Nord America è arrivato ad affrontare uno squilibrio pari al 40%, che tradotto in numeri, vuol dire che per ogni 100 container che arrivano, ne vengono esportati solo 40. I restanti 60, quindi, continuano ad accumularsi. Questo spiega la scarsissima presenza di container, oggi, nel mondo.

Quali conseguenze ha provocato il calo di container?

È facile intuire che in un contesto del genere non siano mancate le conseguenze. Vediamo, quindi, quali sono state le principali.

Il primo settore che ne ha risentito, strettamente annesso a quello delle spedizioni, è stato quello delle Dogane. Infatti, sempre a causa del poco personale, dell'aumento delle restrizioni e dell'inasprirsi dei confini è diventato anche più complicato attuare tutti i processi di sdoganamento provocando un'ulteriore congestione di container.

La seconda causa diretta del calo di container è sicuramente ravvisabile in un ampio aumento delle tariffe di spedizione. Negli ultimi quattro anni, il Drewry World Container Index ha raggiunto il suo massimo storico e le tariffe sono più che raddoppiate.

I noli (le tariffe per il trasporto di container) sono schizzati alle stelle. Prima della pandemia, spedire un container di 40 piedi dalla Cina all'Europa costava circa 1500-2000 dollari. Ora, invece, si è arrivati a circa 9/10 mila. E se le tariffe sono aumentate, le partenze sono diminuite: da una alla settimana, oggi, l'intervallo può arrivare anche a 10/15 giorni.

Ma quelli dei container non sono gli unici costi ad essere aumentati. Infatti, la carenza di container a livello globale ha provocato anche un'impennata dei costi di importazione ed esportazione delle merci che, a causa dell'effetto domino, si riversa prima sulle imprese e, infine, sui consumatori.

Riguardo al motivo dell'aumento dei prezzi, vi è anche un'altra osservazione da fare. Durante la pandemia, anche la domanda di spedizioni è aumentata di molto. Si pensi, ad esempio, al fatto che molte persone abbiano dovuto acquistare nuovi dispositivi elettronici o nuovi mobili per adattarsi al nuovo stile lavorativo dello smart-working.

In più, per ovvie ragioni, è aumentata di molto anche la domanda di attrezzature mediche e di protezione del personale. Tutti questi fattori, uniti ai precedenti, hanno fatto sì che si formasse il famoso "collo di bottiglia" e che si scatenasse un vero e proprio effetto domino.

Infine, un'ultima conseguenza ha visto anche in stretto rapporto la Cina e l'Europa, tra le quali si è verificato un forte aumento del trasporto di merci via treno, che ha raggiunto i 1.165 convogli e arrivando a significare un aumento del 66% su base annua.

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