Non è strano pensare che tutto il mondo stia ancora risentendo degli effetti negativi legati alla pandemia. Come se non bastasse, nell'ultimo anno ci sono stati altri due eventi che hanno contribuito a peggiorare le difficoltà già esistenti, quali il blocco del Canale di Suez e il blocco del porto Yantian in Cina.
La criticità di questi eventi risiede nel fatto che rappresentano due punti estremamente strategici per l'intero commercio globale e che quindi, da lì, i problemi si siano ramificati in tutto il mondo. Molti Paesi, già affaticati dalle restrizioni emesse per combattere il Covid sono stati quindi costretti a lottare ancora una volta. In questo contesto, quindi, si sono create gravi conseguenze con gravi rischi.
Commercio internazionale: Cos'è successo in Cina?
Lo scenario globale è ancora profondamente segnato dalla pandemia. Nell'ultimo anno, molti Paesi hanno dovuto rivalutare le loro priorità e le misure d'urgenza emesse hanno sollevato alcune tensioni economico-sociali. Tutto ciò si è tradotto in un aumento dei livelli di debito pubblico e privato.
Si può dire che la Cina sia stata una buona protagonista in questo contesto. Infatti, oltre ad essere la nazione responsabile dell'inizio di una serie di sconquassi, a fine maggio di quest'anno ha dato il via ad un nuovo grande problema che, ancora una volta, ha avuto effetti sull'intero commercio globale.
Si tratta del blocco del porto di Yantian, situato nella Cina continentale meridionale dove sono state rilevate più di 150 persone affette dalla nuova variante Delta del virus Covid-19. Le autorità hanno da subito imposto delle nuove restrizioni, limitando la capacità di lavoro nel porto. Così, proprio come un domino, Yantian e i porti adiacenti hanno iniziato ad ingorgarsi e a bloccarsi quasi del tutto.
Le navi cargo provenienti da tutto il mondo non riuscivano quindi ad attraccare e a scaricare la merce. Di conseguenza, i grandi container che trasportavano non potevano più tornare indietro vuoti. Il primo effetto negativo si è visto sui container stessi, che chiaramente mancavano di disponibilità. Problematica già accaduta e affrontata lo scorso anno.
Con un aumento sempre maggiore di domanda e con una drastica diminuzione di offerta di container, le tariffe per i costi di trasporto sono schizzate alle stelle. Altro problema già verificatosi e già affrontato. Dopo il blocco di Yantian, però, le stesse tariffe erano già alte dalle precedenti ondate pandemiche. Quindi, quest'anno, il loro ulteriore innalzamento ha rappresentato un'altra aggravante.
Si consideri poi il fattore umano. Molte persone, infatti, si sono ammalate o hanno perso i loro i cari. Altre, non hanno più potuto lavorare per guadagnarsi da vivere. Insomma, in un tale contesto di malumore, un'altra crisi nel commercio marittimo ha peggiorato davvero le cose.
Inutile dire che gli effetti di questo nuovo blocco si sono riversati ovunque. Infatti, Yantian rappresenta uno dei principali porti di smistamento merci che accoglie navi da tutto il mondo. Di riflesso, anche le navi americane o europee che avrebbero dovuto attraccare, non l'hanno potuto fare con le dovute tempistiche, innescando dei ritardi a catena in tutti i continenti.
Commercio globale: I due maggiori rischi
Come si accennava, nonostante durante l'anno ci siano state delle riprese da parte di alcuni Paesi, la situazione si mostra ancora piuttosto critica. Infatti, l'equilibrio economico-sociale mondiale è ancora scosso. Il quadro generale dei rischi elaborato dal gruppo SACE, a livello globale, segnala un aumento dei rischi di credito e un notevole rischio politico.
Rischio dei crediti
Per rischio di credito si intende il rischio che il debitore non adempi ai suoi obblighi di pagamento di interessi e di rimborso del capitale. Perché c'è questa possibilità? Perché la pandemia ha avuto forti ripercussioni sull'economia mondiale e molti Paesi sono entrati in crisi.
I Paesi stabili sono 52, mentre quelli in peggioramento sono 120. Questa loro tendenza è data soprattutto dall'effetto del forte incremento dei livelli di debito pubblico. Tra i pesi che stanno peggiorando, i principali sono quelli dell'Africa Subsahariana e quelli del nord e del medio oriente dell'Africa.
Anche in Europa, in realtà, il rischio di credito è in aumento, però ancora a dei livelli medi. In Russia, invece, si riscontra una certa stabilità poiché sono state imposte meno restrizioni sull'economia.
Nel 2020, la regione del Medio Oriente e del Nord Africa ha riscontrato una contrazione media del PIL del 10%. Su questa scia, oggi, ha quindi registro un peggioramento dei rischi generale. Forse addirittura la più ampia dagli anni '80.
Anche in America Latina la situazione non cambia, ma i paesi più solidi (Perù, Cile e Argentina) scontano una riduzione del rischio perché hanno ristrutturato il loro debito verso dei creditori esteri privati.
Veniamo all'Asia, dove su 28 paesi solo 7 non hanno subito un peggioramento. Nella stessa Cina, lo score del rischio si è mantenuto piuttosto stabile perché sono stati presi dei provvedimenti restrittivi molto forti che hanno visto il susseguirsi di misure di stimolo economico.
Rischio politico
Quanto al rischio politico, ecco di cosa si tratta. Prima di tutto, per rischio politico si intende la possibilità che scoppino guerre, disordini civili e violenza politica. O ancora, rischi di violazioni contrattuali, di restrizioni al trasferimento o rischi di esproprio.
Nel 2020, il rischio di tutti questi fattori è già aumentato, soprattutto nei mercati emergenti e in quelli in via di sviluppo. Su 194 Paesi analizzati, 60 sono stabili, 86 in peggioramento e 48 in miglioramento.
Perché aumenta il rischio politico? Principalmente a causa dell'inasprimento della violenza politica. Ad esempio, in India e in Thailandia hanno avuto luogo numerose manifestazioni contro il Governo. In questi Paesi, infatti, le autorità competenti non sono state in grado di fornire le adeguate misure di sostegno pubbliche e non hanno, quindi, affrontato l'emergenza sanitaria nel modo più consono con il risultato di aver acuito le disuguaglianze sociali ancora di più.
Anche l'America Latina ha conosciuto le stesse dinamiche, però nel 2019. Infatti, ha saputo gestire meglio l'emergenza della pandemia diminuendo lo scontento sociale. Anche le economie più avanzate come Regno Unito e Stati Uniti hanno riscontrato un aumento delle tensioni politiche sociali, nonostante siano state in grado di gestire l'emergenza sanitaria molto meglio rispetto ad altri Paesi.
Ad ogni modo, in questo scenario un po' incerto si creano comunque delle buone aspettative di ripresa (pari a circa il 5%) che dovrebbero attuarsi a partire dal 2021, fino al 2023.